A Spasso nell’Anima – negli angoli più intimi dei Calanchi lucani

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Strada Statale 653 della Valle del Sinni, la sto percorrendo, tornando dal lavoro, in direzione sud, nella mia scatola di vetri e lamiere (si, dai, nella mia auto).

Il paesaggio lucano che, sotto i 35 gradi della rovente estate meridionale, scorre al di là del parabrezza è affascinante, avvolgente, a volte inquietante a causa dell’asfalto tremolante per la calura.

Mentre il climatizzatore spara aria artificialmente refrigerata (stasera la cervicale mi ricorderà che l’ho tenuta accesa troppo a lungo!) ed il nastro d’asfalto continua a defluire sotto gli pneumatici, sono colpito da un cartellone di promozione turistica che espone un attraente pittogramma raffigurante delle sporgenze collinari ed una frase che descrive l’immagine: “Calanchi, paesaggi dell’anima”.

Più che incuriosito, vengo letteralmente rapito dall’iscrizione, tanto da farmela ridondare nella mente fino a casa.

Scopro che è una citazione del poeta Carlo Levi, il quale definisce il paesaggio dei Calanchi lucani proprio come un paesaggio dell’anima.

Se un poeta scrittore di così alta levatura ha fatto una tale similitudine un motivo c’è, sicuro che c’è, ed io voglio scoprirlo!

Che faccio, vado ad esplorare l’anima con la macchina? Neanche a pensarlo! Se davvero devo farlo, bisogna che sia libero, felice, che permetta al paesaggio di avvolgermi e coinvolgermi.

MOTO, ci vado in moto! Nel pieno rispetto del paesaggio e della natura, s’intende.

Oggi è la giornata giusta, è uno dei primissimi giorni della stagione dei colori caldi e delle prime nebbie ma qui, in pieno Mezzogiorno, l’autunno fa fatica a farsi strada e, se non fosse per le tinte della natura e per il sole che va a nanna un po’ prima, si potrebbe pensare di essere in primavera inoltrata con l’estate alle porte.

Come tante volte ho detto, quando vado in moto a volte ho una meta prefissata da raggiungere, altre volte parto semplicemente per il gusto di guidarla, per avere il vento addosso e la libertà dentro, lasciando all’istinto ed all’estro la scelta della direzione da prendere ma, certamente, non mi era mai capitato, fino ad ora, di inforcare il mio destriero d’acciaio per andare ad esplorare l’anima.

Se raggiungere ed arrivare all’anima di qualcuno è un’impresa complicata, lo si deve fare con discrezione e tatto infiniti, avvicinarsi ai paesaggi dell’anima significa percorrere strade che non mirano dritte al bersaglio, ma gli si avvicinano con cautela, proponendo una curva e, dopo, un’altra ancora, attraverso scene che, ad ogni tornante, mutano quasi senza farsene accorgere.

Dapprima rigogliosi e pieni di vita, tanto che se arresto la cavalcatura (spengo la moto) e sfilo il casco odo gli uccellini che cantano e vedo i cespugli che si muovono, essi  diventano via via più brulli fino quasi a desertificare.

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E’ inutile dirlo, ho lasciato la strada principale ormai da un pezzo ed ho messo le ruote su una stradina che, anche se asfaltata, ha tutta l’aria di volersi incuneare  verso gli angoli più intimi del territorio che sto per esplorare.

Essa si appoggia sinuosa, con curve mai troppo acute, ad un luogo dove i cespugli assumono anch’essi il colore desertico della terra che li ospita.

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Non per essere troppo prosaico, visto che si parla di anima, ma lo scenario che man mano si apre alla vista è quasi da Far West.

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E allora cowboy (mi dico da solo), sei su un destriero, parti al galoppo!

E così, lasciato del tutto l’asfalto, mi addentro in un mondo fantastico dove i raggi del sole, che oggi brilla come a ferragosto, raggiungono senza filtri il suolo che si irradia della sua luce gialla e se ne veste assumendo il colore tipico delle aride steppe.

Seguendo una specie di tratturo…

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…mi avvicino a quello che sembra il fronte di un ghiacciaio (non so se ne avete mai visto uno da vicino; io, per mia fortuna, ho avuto questa straordinaria occasione), solo che questo è di argilla, totalmente di argilla.

Mi trovo al cospetto di un Calanco.

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E’ ipnotizzante guardare le pieghe che lo compongono. Sembrano i drappeggi di una veste di Dama dell’800 in un dipinto d’autore.

Sono il risultato dell’azione dell’acqua e del vento che per oltre un milione e mezzo di anni, ed ancora oggi, hanno modellato e modellano la creta con la stessa maestria in dote agli artisti più celebri della storia dell’arte.

Arrivare ai suoi piedi (del Calanco) con la mia compagna a motore è entusiasmante ma, credetemi, doverla lasciare sola soletta sul cavalletto per qualche minuto, non mi dà rimpianti perché avvicinarsi a piedi verso quest’opera di alta sartoria della natura è davvero un tuffo in un’altra era.

…E parlo di era geologica!

…E proprio di tuffo si tratta. Qui, quasi 2 milioni di anni fa c’era il mare! Non ci credete? Andate a vedere di persona oppure, accontentatevi di quello che posso mostrarvi io ora.

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Visto?! Sono fossili marini “cementificati” (il termine appropriato sarebbe “fossilizzati”, ma così ci capiamo meglio) nell’argilla. Ragazzi credetemi, viene la pelle d’oca. Non sono telline o gusci di vongole da fare con le linguine (perdonate il livello così basso), sono ciò che il mare ha lasciato in eredità a questa terra quando ha “deciso di ritirarsi”.

Rimonto in groppa e proseguo aggirando il “ghiacciaio d’argilla”.

Non è finita! Il paesaggio, pur rimanendo pressoché desertico e cretoso cambia aspetto e mostra quello che, forse, ha indotto il maestro letterario Carlo Levi ad appellare questi luoghi “Paesaggi dell’Anima”.

Se l’anima è quel posto dove c’è tutta la vita di una persona, dove la vita passa lasciando tutti i suoi segni, quelli dell’allegria e della tristezza, quelli della gioia e del dolore, se l’anima, grazie a questi segni non rimane piatta ma si nutre di essi e ne assume la forma, modellandosi a seconda del loro passaggio, allora i Calanchi lucani sono davvero la raffigurazione in natura dell’anima.

Il tempo che passa, il vento che soffia su di essi ed il sole e la pioggia che insieme li modellano, danno forma ad un paesaggio unico nel suo genere, mai piatto, dove ogni rilievo, che il mare ha lasciato alla nostra vista, è diverso dall’altro.

Scusate, e soprattutto chiedo scusa al maestro Carlo Levi, sicuramente il suo pensiero è molto più elevato del mio, ma mi sono lasciato andare, mi sono un po’ fatto prendere la mano. Ma, immerso in un universo così, penso che sarebbe successo anche a voi, che ne dite? Guardate….

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Dopo aver trascorso, completamente rapito, non so quanto tempo (è passato senza che me ne accorgessi), mi tiro un pizzico per risvegliarmi dal sogno e riparto verso casa, conscio del fatto che il Paesaggio dell’Anima non va descritto, è troppo intimo per essere raggiunto dalle parole, va solo guardato, ammirato, respirato e portato dentro di sé.

Buona moto a tutti.

                                                                                                                                       Angelo

Oggi con la mia inseparabile amica moto sono partito da Altamura, nel Parco dell’alta Murgia barese, e mi sono avventurato nei Calanchi lucani, compresi nei territori di Montalbano Jonico, Pisticci (il paesino che si intravede nel “paesaggio da Far West), Craco e Aliano dove è sepolto il maestro Carlo Levi.

Come al solito, appena ho potuto, ho lasciato la strada principale e percorso quelle vie che più mi sembrava si avvicinassero a questi luoghi magici, finendo volutamente su strade sterrate che mi hanno portato ai piedi dei calanchi.

A Spasso nell’Anima – negli angoli più intimi dei Calanchi lucaniultima modifica: 2019-10-20T16:51:43+02:00da diabolikgs63
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