Ghost Town

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Già sentirne parlare ti affascina.

Una città fantasma (il titolo del post è in inglese perché fa più riders, oh yeah), evoca luoghi dove il tempo si è fermato, dove il futuro non esiste, dove l’ultimo atto del presente vissuto è intrappolato per sempre in un fermo immagine che non vedrà mai più nascere un bambino o un vecchio morire.

“Esistono davvero”? Mi chiede mio figlio (stesso mio DNA: pignone, catena e corona). Ma la domanda è tendenziosa visto che me la pone già bardato per montare in sella col casco sotto il braccio. Non me lo faccio ripetere due volte. “Ci andiamo”?

La domanda non è ancora del tutto formulata che siamo già sulle nostre cavalcature pronti per la conquista di uno di questi magici luoghi.

La nostra Stella brilla in un cielo terso e vasto. Vasto come vasta è l’anima dei paesaggi che attraversiamo, laddove le colline, rivestite da un manto verdeggiante, accolgono la strada che, sinuosa, scorre seguendo un percorso che sembra volerle abbracciare tutte.

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L’andatura non è spinta, non deve esserlo, per permettere che i colori di questa splendida tela passino attraverso la visiera senza che una sola immagine vada persa. Non deve essere spinta perché il rombo dei nostri motori deve entrare in punta di piedi, senza disturbare troppo.

Perché il nastro di asfalto grigio sbiadito che parte dalla valle sottostante e, una curva dopo l’altra, ci porta su, risente anch’esso del tempo che è passato.

Questa è la magia! Sapere di essere seduti su un mucchio di cavalli scalpitanti e capire che è il momento di mandarli al trotto e non di spronarli al galoppo.

Andando su, con “pieghe” dolci che hanno quasi il sapore delle carezze, dopo aver aggirato con un nuovo tornante l’ultima collina, ecco che si svela alla vista la nostra ambita meta.

Non mette paura, anzi. Sembra addirittura che la prima casa, quella più bassa davanti a tutte le altre, ci sorrida.

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Incredibile! Il gioco di luci ed ombre creato dalle pennellate del Dio Elio dona al rudere incantato un viso gioviale che pare un invito ad avvicinarci.

Traversiamo dunque gli ultimi metri che da esso ci separano e, alzando i caschi all’insù, ci avvediamo che la nostra Stella non si è mossa, è sempre lì a mostrarci il cammino.

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Senza esitazione poggiamo il battistrada ai piedi dell’erta che induce verso le dimore…

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…anche se  il rombo delle nostre compagne di viaggio è per noi un canto d’usignolo, capiamo che è giunto il momento di spegnere i motori per  ascoltare il suono più soave che il nostro udito possa percepire: il silenzio. Già il silenzio, il principe incontrastato di questo regno fatato, dove chi se n’è allontanato ha lasciato alle proprie spalle case vuote con porte e finestre spalancate, trasferendo probabilmente lontano da qui solo i propri corpi e non le proprie anime ed i propri ricordi che sono rimasti liberi di entrare ed uscire da queste abitazioni spopolate.

Il percorso, ahinoi, esclusivamente pedonale è affascinante e pazzesco e, se compiuto con la guida di persone conoscitrici della storia di quel borgo solitario, diventa anche istruttivo. Ma, al riguardo, non vogliamo rivelare altro lasciando dentro chi legge una curiosità tale da spingerlo sin qui a sognare.

Quando ci risvegliamo dall’ipnosi, le lancette dell’orologio ci suggeriscono che è il momento di rientrare alla base, quindi giriamo intorno allo sperone calcareo semi franato e, prima di puntare l’anteriore in discesa, ci voltiamo per vedere se è ancora lì. Non si è mossa la ghost town, afferrata con le unghie ad un pugno di terra tufacea.

SPETTRACOLARE!

No, non è un errore di battitura, volutamente scritto così, per sintetizzare quanto un luogo tanto spettrale sia altrettanto spettacolare.

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Chi esce con la moto a volte lo fa senza avere un punto dove arrivare, altre volte invece si. Oggi, per noi, è stato davvero fiabesco approdare in questa terra.

Guidare sulla strada per giungervi è stata un’immersione nella natura ed ogni “piega” fatta per passare aldilà dell’ennesimo tornante ci ha letteralmente avvicinato ad una terra verdissima che odorava di storia e di grano appena nato.

In discesa l’orizzonte si è aperto su un nuovo pianeta che, nel percorso di andata, in salita, era alle nostre spalle celato al nostro sguardo…

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…sono i calanchi. Ma ve li racconterò un’altra volta quando vi narrerò di questi “Paesaggi dell’anima”, come li definì lo scrittore Carlo Levi. Paesaggi attraverso i quali ho avuto il privilegio di cavalcare con il mio destriero d’acciaio.

Per oggi va bene così, un’altra storia vissuta, fatta di strade, di pensieri e di moto…

Con mio figlio, partendo da Altamura, nel Parco dell’Alta Murgia Barese, abbiamo condotto  le nostre moto (oppure sono loro che hanno condotto noi?) fino a Craco, in provincia di Matera, percorrendo strade di solito scartate dagli automobilisti, quelle secondarie che ogni motociclista sa riconoscere sulla cartina già dalla prima occhiata.

Alla prossima……

(…se volete, ecco il link del nostro percorso ma, da qualunque punto si parta, siamo convinti che la strada più bella sia sempre quella che ognuno disegna prima con la propria immaginazione…)

https://www.google.it/maps/dir/Altamura,+BA/Craco,+MT/@40.5907943,16.1324149,10z/am=t/data=!3m1!4b1!4m15!4m14!1m5!1m1!1s0x13478771c52dacf7:0xe3d01f224e66b74b!2m2!1d16.5527874!2d40.8253924!1m5!1m1!1s0x1338a22afd500aef:0x58b36f46294f886d!2m2!1d16.4401613!2d40.3779984!3e0!5i1?hl=it

Ghost Townultima modifica: 2019-07-18T23:32:13+02:00da diabolikgs63
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